grazie a Psycore per l'edit!
ho approfondito la questione, sono uscite un paio di sentenze interpretative della norma indicata.
Le tabelle con il quantitativo massimo (Decreto MinSalute) valgono ancora, tuttavia l'onere della prova (che si configuri reato di spaccio) sembra che ricada sull'accusa, e quindi non sia sufficiente una quantità superiore ai limiti per far presupporre lo spaccio, ma devono esserci altre circostanze.
nota: ho letto un po' in giro tra vari pareri legali.. e sembra che il possesso di un bilancino sia un indizio grave di colpevolezza... in realtà chi consuma sostanze "particolari" a mio avviso è giusto che abbia a disposizione una bilancia di precisione per dosare in maniera corretta... ma vallo a dire alle FO!
riporto qui di seguito le due sentenze, sottolineando le parti di interesse
Corte di Cassazione, Sezione VI Penale, Sentenza 29 gennaio 2008 (dep. 5 maggio 2008), n. 17899
I parametri indicati dall’art. 73, comma 1 bis lett. a) d.p.r. n. 309 del 1990, così come novellato dalla l. n. 49 del 2006, per apprezzare la destinazione ad uso non esclusivamente personale della sostanza stupefacente (quantità, modalità di presentazione, altre circostanze dell’azione) non sono autonomi: pur in presenza di quantità non esigue o di confezioni plurime, potrebbero essere apprezzate altre circostanze dell’azione tali da escludere radicalmente un uso non strettamente personale.
Con riferimento al parametro della “quantità”, la Corte ha inoltre precisato che la locuzione “in particolare se superiore ai limiti massimi indicati con decreto del Ministro della salute..”, lungi da introdurre una presunzione circa la destinazione della droga, ha solo la funzione di imporre al giudice un dovere accentuato di motivazione nel caso in cui le quantità detenute siano superiori a tali limiti.
Fatto
1. Con la ordinanza in epigrafe, il Tribunale di Napoli, adito ex art. 310 c.p.p., confermava l'ordinanza in data 16 febbraio 2007 del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Nola con la quale era stata rigettata la richiesta di applicazione di una misura cautelare nei confronti di A. C. in ordine al reato di cui all'art. 73 d.P.R. n. 309 del 1990, accertato in Napoli il 14 febbraio 2007, in relazione alla detenzione di gr. 51 di cocaina.
2. Rilevava il Tribunale che non erano riscontrabili sicuri indizi di una detenzione finalizzata allo spaccio, posto che il presumibile reddito del C. e la circostanza che egli era venuto a Napoli, a notevole distanza dal luogo di residenza, rendevano attendibile la tesi sostenuta dall'indagato di un acquisto di una scorta di cocaina destinata a esclusivo consumo personale.
Non poteva condividersi la tesi interpretativa avanzata dall'Ufficio appellante con riferimento al dettato dell'art. 73 comma 1-bis, lett. a), d.P.R. 309 del 1990, secondo cui, una volta accertato che il quantitativo detenuto sia superiore a quello tabellare debba ritenersi la destinazione allo spaccio.
3. Ricorre il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Nola, denunciando la violazione dell'art. 71 comma 1-bis (recte, 73 comma l-bis) d.P.R., n. 309 del 1990, osservando che la lettera della disposizione impone di ritenere che, una volta accertato che il quantitativo detenuto supera i limiti massimi tabellari, la condotta di detenzione deve ritenersi finalizzata a un uso non esclusivamente personale e quindi penalmente rilevante.
Diritto
1. Il ricorso appare infondato.
2. L'assunto dell'Ufficio ricorrente, secondo cui, una volta accertato che il quantitativo detenuto supera i limiti massimi tabellari, la condotta di detenzione deve ritenersi, sulla base di una presunzione assoluta stabilita dal legislatore, finalizzata a un uso non esclusivamente personale e quindi penalmente rilevante, non può essere condivisa.
3. Stando all'art. 73 comma 1-bis, lett. a), d.P.R. n. 309 del 1990, inserito dall'art. 4-bis della legge 21 febbraio 2006, n. 49 in sede di conversione del d.l. 30 dicembre 2005, n. 272, la detenzione di sostanze stupefacenti costituisce reato se le sostanze detenute "appaiono destinate ad un uso non esclusivamente personale".
La Corte ritiene che la previsione, rettamente intesa, non contenga elementi di sostanziale novità rispetto alla disciplina previgente, che, in base al combinato disposto degli artt. 73 e 75 d.P.R. n. 309 del 1990, sanzionava penalmente la detenzione di sostanze stupefacenti che non fosse finalizzata all'uso personale". Erano allora quindi punibili, al pari di ora, condotte di detenzione di sostanze stupefacenti che non "appaiono destinate ad un uso non esclusivamente personale"; fermo restando che allora (come ora) la detenzione della parte destinata a uso personale non poteva (e non può) essere assoggettata a sanzione penale.
Per il vero, la fattispecie incrimìnatrice di cui si discute (comma 1-bis, lett. a), indica ora dei parametri sulla base dei quali apprezzare la destinazione ad uso "non esclusivamente personale": e cioè, la "quantità", le "modalità di presentazione" o "altre circostanze dell'azione". Ma si tratta di indici che già in passato venivano giudiziariamente impiegati per stabilire la destinazione della sostanza detenuta, e quindi di meri criteri probatori idonei a orientare la valutazione del giudice e, prima ancora, quella della polizia giudiziaria e del pubblico ministero; dovendosi peraltro notare che l'ultimo di essi, per la sua vaghezza, rende di per sé inane l'intento di rigida tipizzazione formalizzato nella norma.
Potrebbe a prima vista opinarsi che i tre parametri della "guantata" o delle "modalità di presentazione" o delle "altre circostanze dell'azione" siano reciprocamente autonomi, sicché basterebbe che uno solo di essi sia accertato perché la condotta di detenzione sia penalmente rilevante.
Ma non può essere in via di stretta logica così da intendersi, perché l'oggetto dell'accertamento penale (diversamente da quanto derivava dal combinato disposto degli artt. 73 e 75 d.P.R. n. 309 del 1990 precedentemente al referendum popolare del 1993, allora ancorato al concetto di "dose media giornaliera") resta esclusivamente quello di una detenzione destinata "ad un uso non esclusivamente personale"; sicché,
pur in presenza di date "guantità" o di "modalità di' presentazione", di per sé tali da autorizzare l'ipotesi di una destinazione "ad un uso non esclusivamente personale", tale ipotesi può bene essere smentita sulla base di "altre circostanze dell'azione" (tra le quali, è bene precisare, non potrebbe non essere compreso l'eventuale stato di tossicodipendenza o anche solo l'uso abituale di droghe), considerate dalla norma paritariamente rispetto ai primi due indici, non potendosi considerare ermeneuticamente significativo, come invece vorrebbe l'Ufficio ricorrente, il fatto che i tre parametri siano sintatticamente separati nella disposizione normativa dalla disgiuntiva "ovvero".
Così, pur in presenza di quantità non esigue, o di confezioni plurime, o di entrambe le situazioni, potrebbero essere apprezzate "altre circostanze dell'azione" tali da radicalmente escludere un uso non strettamente personale (ad esempio, potrebbe risultare accertato indiscutibilmente che il detentore, forte consumatore di droga, fosse solito acquistarla in quantitativi non modesti frazionatamente pre-confezionati).
4. Resta da stabilire cosa intenda il legislatore nella parte in cui, indicando il parametro della quantità", specifica che di esso debba tenersi conto "in particolare se superiore ai limiti massimi indicati con decreto del Ministro della salute emanato di concerto con il Ministro della giustizia". In attuazione di tale previsione, con decreto del Ministro della salute dell'11 aprile 2006, sono stati appunto indicati i "limiti quantitativi massimi delle sostanze stupefacenti e psicotrope, riferibili ad un uso esclusivamente personale" (QMD: "quantitativi massimi detenibili").
Escluso che ciò valga a invertire l'onere della prova a carico dell'imputato, o a introdurre una sorta di presunzione, sia pure non assoluta, circa la destinazione della droga detenuta a uso non personale, a pena di violazione del principio di stretta riserva di legge in materia penale, di cui all'art. 25 comma secondo Cost.) nonché di quello di presunzione di non colpevolezza (art. 27 comma secondo Cost.), va osservato come la locuzione "in particolare", posta a incipit dell'inciso, riveli chiaramente che l'intento del legislatore sia solo quello di imporre al giudice un dovere di particolare attenzione, che si risolve in un dovere accentuato di motivazione, nel caso in cui, appunto, le quantità detenute siano, secondo una valutazione basata su nozioni tossicologiche ed empiriche di cui sono espressione le tabelle ministeriali, normalmente non confacenti a "un uso esclusivamente personale".
5. Ciò posto in linea di diritto, va osservato che nella specie i giudici del merito cautelare hanno valutato vari elementi che deponevano per la plausibilità della tesi difensiva di un uso personale, quali il livello reddituale dell'indagato e la circostanza che egli, consumatore abituale di cocaina, si fosse recato per acquistare la droga a Napoli, sensibilmente distante dal luogo di residenza, dal che derivava una antieconomicità dell'operazione, in rapporto al quantitativo detenuto, ove la droga fosse destinata anche in parte ad un uso non personale.
Questi apprezzamenti in punto di fatto non sono stati sottoposti al vaglio della Corte quanto alla loro logicità e completezza, posto che l'Ufficio ricorrente non se ne è doluto, né in sede di appello né con il presente ricorso, riversando le sue critiche alla decisione esclusivamente sul profilo della errata applicazione della legge, sulla base di una interpretazione dell'art 73 comma 1-bis d.P.R. n. 309 del 1990 che, per quanto sopra esposto, deve ritenersi infondata.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Così deciso addì 29 gennaio 2008.
Il Consigliere estensore
Il Presidente
DEPOSITATO IN CANCELLERIA il 5 maggio 2008.
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Corte di cassazione penale
sentenza 39017/08 del 18/09/2008
Corte di Cassazione, Sezione VI Penale, Sentenza 18 settembre (dep. 16
ottobre 2008), n. 39017
La pronuncia in oggetto conferma che, in caso di imputato che detiene un quantitativo di sostanza stupefacente in quantità superiore ai limiti massimi indicati con decreto ministeriale, l’onere della prova dell’uso non personale ricade, secondo le generali regole di garanzia processuale, sempre sull’accusa. In particolare, il pubblico ministero deve prendere in esame, oltre alla quantità di principio attivo, tutti gli indici indicati dall’art. 73 del D.P.R. n. 309 del 9 ottobre 1990 n° 309 (modalità di presentazione, peso lordo complessivo, confezionamento frazionato, altre circostanze dell’azione).
Infatti, l’art. 73 comma 1 – bis del D.P.R. n. 309 del 9 ottobre 1990 n° 309 (cd. testo unico sulla droga) prevede la punibilità di chiunque, senza l'autorizzazione di cui all'articolo 17, importa, esporta, acquista, riceve a qualsiasi titolo o comunque illecitamente detiene:
a) sostanze stupefacenti o psicotrope che per quantita', in particolare se superiore ai limiti massimi indicati con decreto del Ministro della salute emanato di concerto con il Ministro della giustizia sentita la Presidenza del Consiglio dei Ministri-Dipartimento nazionale per le politiche antidroga-, ovvero per modalita' di presentazione, avuto riguardo al peso lordo complessivo o al confezionamento frazionato, ovvero per altre circostanze dell'azione, appaiono destinate ad un uso non esclusivamente personale (così come modificato dal Decreto-legge 30 dicembre 2005, n. 272, convertito in legge, con modificazioni, dalla Legge 21 febbraio 2006, n. 49).
La Corte ha escluso che la riforma dell’art. 73 del cd. Testo unico sulla droga, ad opera della L. 49/06, abbia introdotto a carico dell’imputato che detiene un quantitativo di sostanza stupefacente in quantità superiore ai limiti massimi indicati con decreto ministeriale né un’inversione dell’onere della prova, costituzionalmente inammissibile (artt. 25 comma 2 e 27 comma 2 Cost.), né una presunzione, sia pure relativa, di destinazione della droga detenuta ad uso non personale.
Del resto, anche già in precedenza la Corte aveva colto l’occasione per pronunciarsi sul metodo di valutazione dei criteri di cui all’art. 73, precisando che “i criteri per apprezzare la destinazione ad uso non esclusivamente personale della sostanza stupefacente (quantità, modalità di presentazione, altre circostanze dell’azione) non sono autonomi, con la conseguenza che non è sufficiente che si sia accertato uno solo di essi perché la condotta divenga penalmente rilevante” (Cassazione penale, sez. V, 5 maggio 2008 n. 17899).
(Omissis)
Fatto e diritto
1. Il Procuratore generale di Bologna ricorre per Cassazione, deducendo erronea applicazione della legge penale, avverso la sentenza con cui il giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Ravenna, ha dichiarato non luogo a procedere nei confronti di G.C., in ordine al delitto di cui all’art. 73, comma 1-bis, DPR 309/90, come modificato dalla L. 49/06. Il C. era stato chiamato a rispondere della illecita detenzione di gr. 33,48 di hashish, che per quantità di principio attivo (…), per modalità di presentazione, avuto riguardo al peso lordo, nonché alle complessive circostanze dell’azione, appariva destinato ad uso non esclusivamente personale. Il giudice di merito ha ritenuto che le circostanze in cui la droga fu reperita (il C., richiesto da agenti della Guardia di Finanza se detenesse stupefacenti, dichiarò di non averne con sé ma di farne abitualmente uso, condusse gli agenti nella sua casa, consegnando un panetto di hashish), la spontanea consegna, l’assenza di indici di trasporto, il non frazionamento o confezionamento in dosi, la mancanza di ogni strumento o materiale solitamente utilizzato per la preparazione allo spaccio, escludevano la destinazione a terzi.
2. Rileva il ricorrente che la sentenza è errata in punto di diritto, avendo il giudice omesso di considerare il mutamento del quadro normativo per effetto dell’entrata in vigore della L. n. 49/2006, che, in presenza di superamento della soglia quantitativa fissata nella specifica tabella, prevede una presunzione relativa circa la destinazione illecita della sostanza stupefacente. “L’imputato - secondo il ricorrente - avrebbe dovuto fornire idonei elementi comprovanti che l’intero quantitativo dell’hashish rinvenuto nella sua abitazione fosse destinato al suo esclusivo uso personale, non essendo allo scopo sufficienti le sue mere dichiarazioni spontanee circa l’abituale uso della droga”.
3. Il ricorso è infondato. Come questa Corte ha già avuto modo di affermare, la modificazione al testo dell’art. 73 dalla L. 49/06 non ha introdotto a carico dell’imputato che detiene un quantitativo di sostanza stupefacente in quantità superiore ai limiti massimi indicati con decreto ministeriale né un’inversione dell’onere della prova, costituzionalmente inammissibile (artt. 25 comma 2 e 27 comma 2 Cost.), né una presunzione, sia pure relativa, di destinazione della droga detenuta ad uso non personale (cfr. Cass. 6, n. 17899/08, rv 239932; id. n. 19788/08, rv 239963).
L’onere della prova ricade, secondo le generali regole di garanzia processuale, sull’accusa ed il giudice deve prendere in esame, oltre alla quantità di principio attivo, tutti gli indici indicati dalla norma (modalità di presentazione, peso lordo complessivo, confezionamento frazionato, altre circostanze dell’azione), con un dovere di più rigorosa motivazione nel caso in cui ritenga che dagli altri parametri normativi si debba escludere una destinazione “ad uso non esclusivamente personale”, pur in presenza del superamento dei limiti massimi indicati nel decreto ministeriale.
4. La sentenza impugnata ha fatto corretta interpretazione e applicazione dell’art. 73, comma 1-bis, dPR 309/90, come modificato dalla L. 49/06, escludendo la destinazione ad uso non esclusivamente personale con motivazione adeguata, sulla quale peraltro nessun rilievo è stato formulato dal ricorrente.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.