Di seguito 3 esperienze con i tartufi, non sono le mie uniche esperienze con essi, un giorno riporterò anche quelle con i funghi e altri ancora, ma vorrei iniziare condividendo con voi questi trip perché sono molto diversi tra loro. Sorvolo su molti dettagli, focalizzandomi sulle fase e su alcune sensazioni, altrimenti viene un papiro. Inizio con il primo racconto e inserisco i successivi come risposta alla discussione per migliorarne la leggibilità. I nomi sono inventati per privacy. Tutte le esperienze sono iniziate a metà mattinata.
1- La prima in assoluto: tra leggerezza e spiritualità
2- Il setting errato: il bad trip da incubo horror
3- Il trip consapevole: gestione e godimento
1- La prima in assoluto: tra leggerezza e spiritualità
- Compagnia: 2 amici di sempre, prima assunzione per tutti
- Dosaggio: 15gr di Atlantis, stessa dose per tutti
- Ambiente: piccolo parco in città ad Amsterdam
- Età: tutti 21 anni
Dopo circa due ore dall'assunzione sentiamo il bisogno di sederci su una panchina, poiché questi picchi di energia li percepiamo come molto forti. Senza alcuna forma di paura, riteniamo saggio sederci. Iniziano le prime distorsioni visive, vedo delle formiche a terra moltiplicarsi e muoversi in modo ondulato, i miei amici non vedono ancora nulla. Poco dopo dico al mio amico (Ugo) che sembra Ray Charles per via (esclusivamente) dei suoi occhiali da sole. Lui inizia a sentirsi davvero Ray Charles, si muove come lui, ma non lo fa per imitarlo, dice di non riuscire a smettere di sentirsi Ray Charles. Franco nel mentre sta fissando un albero in silenzio. Io ed Ugo scherziamo un'altro po' di tempo, entrambi ci divertiamo nel notare le distorsioni visive.
Un'oretta dopo ci troviamo in silezio a contemplare il vuoto. Mi sento unito con la vita, percepisco la mia esistenza come letteralmente unita a tutto il resto del mondo e dell'universo, mi identifico e vivo con l'universo, sono l'universo. Calma, gioia e serenità in un cocktail di pura emotività estatica suscita in me una forte empatia per il creato e per me stesso. Penso a delle persone che mi hanno ferito, mi identifico anche in loro (essendo identificato con l'universo), provo empatia nei loro confronti, gli voglio bene, li perdono, li giustifico e capisco le loro azioni più insensate e malvage (criminalità, bullismo, violenza).
Guardo Franco, ancora fissa l'albero. Guardo Ugo che sta guardando il vuoto sorridendo con gli occhi sgranati. La distorsione visiva me lo fa percepire con gli occhi gigante ed un sorriso enorme, sprizza felicità da tutti i pori. Si gira verso di me, ci sorridiamo e cerchiamo di descrivere quel che stiamo provando. Sembra che stiamo avendo le stesse sensazioni. Iniziamo a credere di comunicare telepaticamente. Parliamo a tratti, presi dalla gioia e dall'entusiasmo. Franco continua a fissare l'albero in silenzio, ma lo vediamo tranquillo e non vogliamo interferire.
Dopo un quantitativo di tempo imprecisato io e Ugo crediamo di aver sbloccato una consapevolezza che ci renderà per sempre inadatti a comunicare con le persone, temiamo di rimanere nello stato in cui siamo ed iniziamo a discutere di quanto possa essere un bene o un male tale cosa. Concludiamo che le persone con la Sindrome di Down sono in realtà in questo stato (non intendo offendere nessuno, erano i nostri pensieri sotto psichedelici). A quel punto siamo sicuri che rimarremo "Down" per sempre e che i nostri genitori piangeranno per questo.
Franco si gira verso di noi e partecipa alla conversazione dicendo che per tutto questo tempo si è sentito un albero e per questo non riusciva a parlare o muoversi, dato che gli alberi stanno fermi. Ma ha specificato che la cosa lo ha fatto stare bene, non male. La sua osservazione ci diverte, ridiamo e scherziamo, dimenticandoci del "problema" che ci eravamo posti.
Dopo un quantitativo di tempo imprecisato decidiamo di muoverci di lì, andando a mangiare qualcosa. La fase di picco è finita, ma siamo ancora nel trip. Iniziamo a spostarci con estrema cautela, percepiamo il pericolo della macchine come concreto e spaventoso, quindi siamo molto attenti. Arrivati al Fast Food pensiamo di essere lucidi, nel momento di ordinare e pagare scopriamo che in realtà siamo completamente fuori di melone. Purtroppo creiamo un po' di fila, io non riusco a pagare perché vedo i contanti squagliarsi sulla mia mano. Franco, persona estremamemte chiusa ed introversa, ci prova con l'addetta delle pulizie del fast food, parlando italiano. Riesco a pagare e salvo la povera lavoratrice, visivamente infastidita, dai tentativi di conversazione di Franco (che tra l'altro sa parlare perfettamente inglese). Usciamo da quel Fast Food come degli eroi vittorioso che hanno superato gli abissi più oscuri e pericolosi.
Dopo circa 6 ore e mezza dall'assunzione ci sentiamo quasi del tutto lucidi e andiamo a fumare cannabis in un coffeeshop.
Lo Cocacola di Franco non è mai stata ritrovata.