Pagina 1 di 1

Posta un racconto breve

Inviato: mar mag 30, 2017 1:36 am
da Benway
Visto che esistono discussioni dedicate alla musica, ai film, all'arte figurativa, etc.....perchè non farne una anche sui racconti brevi scritti da noi?

Eccola qua e visto che "chi arrizza appizza" ve ne propongo uno scritto di getto pochi minuti fa... :weed:
Non ha titolo.
Siete liberi di suggerirne uno.
Buona lettura.

.....

Da quando aveva memoria era alla ricerca del perchè della sua e delle altrui esistenze. Ben poca cosa in confronto alla realizzazione materiale, economica ed egoica così in voga da sempre.
Non gli mancavano di certo esperienze bizzarre e non convenzionali nel suo curriculum vitae. Proprio attraverso ad esse aveva cercato una maggiore comprensione dell'esistenza. Si era spinto ben oltre i confini ed aveva imparato a conoscere ciò che i più definiscono come imponderabile, insondabile. Aveva imparato ad apprezzarlo e temerlo senza mai comprenderlo totalmente, ma da ciò s'era sviluppato un legame affettuoso. Era come se da sempre lui fosse stato. Ovunque.

Da sempre però gli sfuggiva il senso, la totale comprensione ed apertura. Gli sfuggiva il perchè di tutto ciò.
La sua era la domanda fondamentale la cui risposta avrebbe dato senso al tutto.
Una buona parte del suo cervello e del suo istinto di auto conservazione gli urlava che ciò era sintomo di follia galoppante.
A volte ci credeva e la paura d'impazzire lo tratteneva riportandolo entro i limiti dell'ego più pesante.

Sentiva forse da sempre d'essere vicino alla comprensione fino a che non arrivò quel mattino.
Quella volta si svegliò dopo sua moglie. Non ricordava bene che giorno era, ma sentiva che era una bella giornata. Il sole splendeva quasi allo zenit e dalla campagna attorno alla casa sentiva un tripudio di vita agitarsi, contorcersi, mangiare, riprodursi, defecare, cantare, correre, volare. Il tutto sullo sfondo di una brezza leggera, ma abbastanza capricciosa che faceva frusciare le fronde degli alberi. Non ricordava bene neanche se fosse autunno o primavera, ma la temperatura era perfetta e piacevole.
Dopo essersi lavato, vestito entrò in cucina e vide la moglie che preparava le due gemelle. Gli sorrise amorevolmente, ma sinceramente non ricordava chi era chi delle due.

Ricordava invece altre cose o meglio, le vedeva. Era come se tutto cominciasse ad avere un senso. Forse stava veramente impazzendo, ma neanche questo era importante. La voce sempre più stridula dell'ego era lontana. Capiva i limiti imposti dalla cura. Capiva i limiti del suo essere materiale e della sua possibilità di percezione, ma attraverso l'anamnesi questi limiti si stavano un pò allargando. Comprendeva bene che un essere in tre dimensioni che osserva un ipersfera vedrà soltanto una sfera, ma la sua capacità di elaborazione si stava potenziando. Intravvedeva il multiverso. Ne sentiva l'eterna fragranza e ne intuiva il canto.

Si avvicinò alle bambine e le baciò sulle guance. Le guardò con tristezza. Anche loro avrebbero dovuto capire. Oppure rimanere intrappolate. Per sempre malate. Le accarezzò sul capo quasi in segno di benedizione. Sperava in cuor suo che un giorno ce l'avrebbero fatta.

Guardò per l'ultima volta le due bambine uscire di casa con la madre. Dovevano andare a fare qualcosa d'importante, ma con tutta sincerità non ricordava cosa. Fece colazione. Sentì avviarsi il motore di un auto ed alcuni scambi di saluti fra donne poi sua moglie entrò, lo baciò e si mise a lavare i piatti della colazione/pranzo. Lui la guardò e fece per parlare, poi si concentrò sul caffè e riprese a ricordare.

Era così da sempre per tutti coloro che si ammalavano. In realtà esistevano eccezioni. C'erano anche quelli che erano venuti per controllare. Esitono punti di convergenza nel multiverso che hanno effetti benefici per tutte le razze che lo abitano. Qui si era in uno di quei punti e da sempre veniva usato per guarire chi era malato. Era di struttura tridimensionale perchè doveva imprigionare. I malati non potevano più scappare fino al termine del loro ciclo vitale. O guarivano o venivano reintrodotti in un nuovo contenitore. Il contenitore non era importante e veniva assegnato in modo del tutto casuale. Stava al malato trovare la via per guarire e l'unico modo per farlo era ricordare. Lui era sulla buona strada.

Sua moglie gli chiese se andava tutto bene e la sua voce allegra e squillante lo riportò seduto in cucina.
Le sorrise annuendo e fece un sorso di caffè. Non capì se era freddo o caldo, ma era diversamente piacevole. Avrebbe voluto risponderle, ma sapeva che se avesse parlato sarebbero state le sue ultime parole.

I ricordi fluivano potenti. Si trovava in un ospedale/prigione per esseri multidimensionali. Per tutti gli esseri che si erano appesantiti fino a dimenticare quasi tutto. Allora arrivavano Loro che erano muniti di molti occhi e tentacoli e ti portavano in un contenitore da cui non saresti mai riuscito a fuggire fino al momento della guarigione. In realtà non esistevano umani se non come contenitori di esseri pesantemente malati provenienti da ogni parte del multiverso. Ogni donna, uomo o bambino era un malato e chissà da quanto lo era. Chissà da quante volte. Lui non ricordava le sue, ma non era importante.

La moglie s'avvicino con grazia e gli accarezzò una guancia. Allora lui s'alzò. Le prese la mano e la condusse in salotto. La fece sedere di fronte a lui e per un lungo attimo la fissò negli occhi con serenità. Lei sentiva una strana sensazione nell'aria. Come se ci fosse elettricità statica. Qualcosa d'indefinito in movimento. Una sensazione d'attesa. Un suono costante. Lontano.

Voleva raccontarle tutto. Cercò di muovere la lingua, ma era pesante ed attorcigliata.
Lei si sporse in avanti come per incitarlo a parlare e fu a quel punto che lo fece:
"Fui, sono e sarò ciò che sono sempre stato: ciò che voi definite allucinazione"

A quel punto la stanza sembrò tremare accennando a scomporsi. Lei venne presa da una violenta nausea mentre suo marito si disgregava in pattern molto intricati e fantasiosi per poi ricomporsi velocemente. Sua moglie avrebbe voluto urlare. Avrebbe voluto toccarlo, ma non avrebbe saputo come fare. Era come se suo marito ci fosse e non ci fosse. Riuscì però a guardarlo negli occhi e per un attimo lo vide. Era felice. Era guarito. Poi venne presa da violenti conati di vomito mentre lui diventava un'infinita ragnatela frattalica molto colorata ed infine svenne.

Quando la donna si riprese era sdraiata con la faccia nel vomito rappreso. Si sentiva bene. Stranamente bene. Per prima cosa guardò la sedia su cui era seduto suo marito. Era vuota. La osservò senza troppa importanza ed iniziò a ricordare.

Re: Posta un racconto breve

Inviato: mer mag 31, 2017 4:48 pm
da Sem
Grazie per questo racconto.
Mi sembra quasi una storia che conosco ;)

Re: Posta un racconto breve

Inviato: lun giu 05, 2017 2:39 pm
da Mister Hyde 2
Racconto fantastico !!!

Re: Posta un racconto breve

Inviato: lun giu 12, 2017 6:09 pm
da Benway
Grazie! :D

Re: Posta un racconto breve

Inviato: mer nov 15, 2017 4:24 pm
da Kenny604
Nelle terre della sera ci sono i mangiatori-di-vetro, sai, si dice che un dolore più grande può far scomparire un dolore più piccolo, come se, improvvisamente, scoppiasse un terremoto e il tuo cervello rettiliano iniziasse a distinguere tutto in: inutile per la sopravvivenza o utile per la sopravvivenza, a quel punto te ne sbatteresti completamente del fatto che tra 3 giorni scade l'assicurazione della macchina... ma forse un terremoto non sarebbe abbastanza, facciamo una serie di cataclismi come terremoti, tornado, tempeste di fulmini, eruzioni vulcaniche e inondazioni che affliggano tutto il pianeta per almeno un mese... io mi godrei lo spettacolo da in cima una collina sgranocchiando frammenti di vetro e di ceramica a mo' di nachos al cinema... dopo, inizierei a raccogliere la maggior quantità possibile di droghe in un frullatore gigante e ne estrarrei poche gocce di una panacea in grado di curare tutti i mali che affliggono l'uomo. A questo punto inizierei, come un nuovo Gesù Cristo, a vagabondare per la terra ormai semi distrutta curando le persone superstiti rimaste, quando, interrompendo il susseguirsi della storia, sentirei gridare: 《Dottore! Dottore! Presto mi aiuti! Ho l'assicurazione della macchina scaduta da un mese! Devo rimediare il più presto possibile! 》
Allora io pacatamente risponderei 《ma tesoro, ormai la sede della tua assicurazione è stata spazzata via da uno tsunami e la tua macchina è stata portata via da un tornado e si è schiantata a 300 km/h sul fianco roccioso di una montagna》
Quando, l'altro, direbbe, agitandomi davanti alla faccia un foglio spiegazzato e svolazzante 《ma non vedi qui! C'è scritto che dovevo pagare l'assicurazione addirittura un mese fa!》 io replicherei in maniera solenne e profetica : 《amico, ormai per te la salute è una maledizione che tiene il corpo in vita anche se la tua anima è morta o fuggita》 e a questo punto estrarrei una bombola e in stile "non è un paese per vecchi" gli sparerei un proiettile di aria compressa in mezzo alla fronte.
BURROUGHS STYYYYYLE!!!
Amen.

Re: Posta un racconto breve

Inviato: gio nov 23, 2017 7:38 pm
da Benway
Eh eh...
:twisted:

Re: Posta un racconto breve

Inviato: dom nov 26, 2017 3:29 pm
da Psycore
Bellissimo il tuo racconto Ben complimenti.

Tempo: Anno 23k773.

Spazio: Università telepatica universale del genere Umano, Storia dell’ inciviltà della civiltà primitiva moderna.

Input telepatici mediante immagini: Basi società primitive: ingordigia, paura, crudeltà, menzogna, soprattutto menzogna.

Riorganizzazione degli input telepatici in banali e inappropriate parole:

Si elogiarono da soli per la loro scoperta. Come se si potesse scoprire un luogo già abitato. Per questo forse tentarono di sterminarli tutti, quasi riuscendoci. Ma rimase comunque una data importante per gli istituzionalizzati (termine antico ormai in disuso, che indica un insieme di individui che rinunciano alla propria sovranità e appoggiano il rinnegamento di sè). Ogni anno si festeggiava. Gli anniversari tondi ancor di più. Festeggiavano i tempi delle menzogne, giocando sulle parole, strane programmazioni mentali, grazie alle quali “razzia unilaterale patologica” = “approvvigionamento globale di benessere”.
Su queste basi bugiarde costruirono una storia bugiarda, che perdurò a volte decenni e a volte millenni.

A volte il tempo va in un modo, altre volte in un altro.

Successe una volta che da quelle esperienze di degrado mentale si attivò un processo di degradazione, come dei frutti cresciuti a colpi di anti-vita su alberi coltivati e obbligati, ben colorati e belli all’esterno, ma marci all’interno con semi sterili; il tempo degli (dis)umani finì.

Un altra volta invece, frutti originatosi da piante completamente selvatiche e anarchiche, si lasciarono marcire al suolo, e dopo la nigredo, diedero forma e vita a rose rosse e bianche.

È impossibile usare le parole per dire del Reale, questo non fu mai chiaro alle società antiche moderne. Se ora siamo qui, è perché abbiamo capito questo. Anche altre volte capiterà che il letame dell’ inciviltà funga da fertilizzante per una nuova era, magari ancor meglio della nostra.

Re: Posta un racconto breve

Inviato: mar gen 02, 2018 1:20 am
da Sem
Titolo:
Sempre e soltanto tu



Non importa il dove, il quando e il come.

Non ha importaza ciò che accadde prima.

Ha importanza che mi ritrovai in quella stanza sotterranea, pareti in mattoni rossi e soffitto a volta, una debole luce gialla e sulla parete un'enorme ragno nero con la sua tela.
Mi avvicinai a lui per parlargli e subito mi sovvenne un'immaggine buia di un bozzolo e di trovarmici dentro, ciò non significava metamorfosi ma morte! Essere preda!
Non mi lasciai catturare da quella immagine, capii di non provare paura e il ragno iniziò a parlarmi dimostrandosi amichevole, poi mi mostò una botola sul pavimento nell'angolo della stanza che era rimasta coperta da lui e dalla sua ragnatela, mi fece spazio e mi invitò a scendere di li ma raccomandandomi di portare con me la luce, ciò era assolutamente necessario. Capii la sua serietà e lo assicurai che lo arei fatto.
Aprii la botola e scesi in quel cunicolo buio e stretto, continuai a scendere lungo la scala per metri e metri finchè non finì e non saltai giù ritrovandomi in un luogo completamente buio.
Avevo la luce con me che espansi per illuminare un poco attorno a me e poter vedere.
Era un luogo chiuso, c'erano delle gabbie e delle celle in cui vi scorsi delle creature che non si lasciarono che intravedere, v'erano più corridoi che si dipartivano da li in diverse direzioni.
Ne percorsi uno e poco dopo vidi in fondo, che mi osservava sbucando da un angolo con un ghigno di sfida, un'essere inquetante dagli occhi neri e dall'abito scuro. Gli corsi incontro ma scomparve, allora cambiai direzione prendendo un altro corridoio e si ripresentò allo stesso modo, gli corsi nuovamente incontro e nuovamente scomparve. Ciò accadde anche una terza volta nello stesso modo ma appena lui scomparve capii che sarebbe riapparso nella direzione opposta e quindi lo precedetti correndo appunto da quell'altra parte e così mi apparve di fronte, gli dissi subito che non volevo lottare ma parlare e capire ma nulla, scoparve di nuovo.
Ancora una volta riuscii a precederlo e mi corparve davanti, cercai di afferlarlo ma gli passai attraverso e lui scomparve.
Subito mi accorsi di un'altra gabbia affianco a me e vi guardai dentro scorgendo una specie di animale accovacciato ad una prima impressione ma poi vidi che era un'uomo, era seduto in terra rinchiuso su se stesso con la testa tra le ginocchia e le mani sul capo. Mi accorsi che quello ero io, ero proprio io, ero tutto nero, capii perfettamente...
Gli parlai, lo incoraggiai a venir via di li, gli dissi che quella prigione l'aveva costruita lui e che quel carceriere l'aveva incaricato lui, gli dissi di avere la luce con me, gliela mostrai e gli tesi la mano.
Lui era consapevole e capiva perfettamente, non ci volle poi molto a convincerlo.
Mi diede la mano e lo tirai su e fuori dalla gabbia, ci abbracciammo, fu commuovende da brividi, fummo uno.
Gli dissi di seguirmi per uscire da lì, avevo lasciato una luce all'ingresso per poi riuscire a tornare indietro, riuscii a vederla e ne seguimmo la direzione attraverso i vari corridoi.
Di nuovo quel demone comparve cercando di intralciarmi, non voleva lasciarci sfuggire ma con la luce riuscii a scacciarlo per più d'una volta. Arrivammo vicini alla scala e lui riapparve lì, stavolta lo sentivo più forte, molto più forte e mi impedii di andare avanti, allora richiamai la tigre e lei apparve, sapevo che anche i demoni la temono, lei si fece minacciosa verso di lui elui indietreggiò al nostro avanzare.
Raggiungemmo la botola e feci salire prima il me scuro, poi salii io metre la trigre rimanne giù a tener lontano quell'essere rassicurandoci di salir tranquilli, che lei sarebbe stata comunque con me.
Arrivammo su e richiusi la botola dietro di me, uscimmo di li fino a riveder la luce del sole, ci guardammo affannati ma consapevoli di aver raggiunto il traguardo.

Re: Posta un racconto breve

Inviato: mer gen 03, 2018 3:45 pm
da CloneXY
The Egg

By: Andy Weir


You were on your way home when you died.

It was a car accident. Nothing particularly remarkable, but fatal nonetheless. You left behind a wife and two children. It was a painless death. The EMTs tried their best to save you, but to no avail. Your body was so utterly shattered you were better off, trust me.

And that’s when you met me.

“What… what happened?” You asked. “Where am I?”

“You died,” I said, matter-of-factly. No point in mincing words.

“There was a… a truck and it was skidding…”

“Yup,” I said.

“I… I died?”

“Yup. But don’t feel bad about it. Everyone dies,” I said.

You looked around. There was nothingness. Just you and me. “What is this place?” You asked. “Is this the afterlife?”

“More or less,” I said.

“Are you god?” You asked.

“Yup,” I replied. “I’m God.”

“My kids… my wife,” you said.

“What about them?”

“Will they be all right?”

“That’s what I like to see,” I said. “You just died and your main concern is for your family. That’s good stuff right there.”

You looked at me with fascination. To you, I didn’t look like God. I just looked like some man. Or possibly a woman. Some vague authority figure, maybe. More of a grammar school teacher than the almighty.

“Don’t worry,” I said. “They’ll be fine. Your kids will remember you as perfect in every way. They didn’t have time to grow contempt for you. Your wife will cry on the outside, but will be secretly relieved. To be fair, your marriage was falling apart. If it’s any consolation, she’ll feel very guilty for feeling relieved.”

“Oh,” you said. “So what happens now? Do I go to heaven or hell or something?”

“Neither,” I said. “You’ll be reincarnated.”

“Ah,” you said. “So the Hindus were right,”

“All religions are right in their own way,” I said. “Walk with me.”

You followed along as we strode through the void. “Where are we going?”

“Nowhere in particular,” I said. “It’s just nice to walk while we talk.”

“So what’s the point, then?” You asked. “When I get reborn, I’ll just be a blank slate, right? A baby. So all my experiences and everything I did in this life won’t matter.”

“Not so!” I said. “You have within you all the knowledge and experiences of all your past lives. You just don’t remember them right now.”

I stopped walking and took you by the shoulders. “Your soul is more magnificent, beautiful, and gigantic than you can possibly imagine. A human mind can only contain a tiny fraction of what you are. It’s like sticking your finger in a glass of water to see if it’s hot or cold. You put a tiny part of yourself into the vessel, and when you bring it back out, you’ve gained all the experiences it had.

“You’ve been in a human for the last 48 years, so you haven’t stretched out yet and felt the rest of your immense consciousness. If we hung out here for long enough, you’d start remembering everything. But there’s no point to doing that between each life.”

“How many times have I been reincarnated, then?”

“Oh lots. Lots and lots. An in to lots of different lives.” I said. “This time around, you’ll be a Chinese peasant girl in 540 AD.”

“Wait, what?” You stammered. “You’re sending me back in time?”

“Well, I guess technically. Time, as you know it, only exists in your universe. Things are different where I come from.”

“Where you come from?” You said.

“Oh sure,” I explained “I come from somewhere. Somewhere else. And there are others like me. I know you’ll want to know what it’s like there, but honestly you wouldn’t understand.”

“Oh,” you said, a little let down. “But wait. If I get reincarnated to other places in time, I could have interacted with myself at some point.”

“Sure. Happens all the time. And with both lives only aware of their own lifespan you don’t even know it’s happening.”

“So what’s the point of it all?”

“Seriously?” I asked. “Seriously? You’re asking me for the meaning of life? Isn’t that a little stereotypical?”

“Well it’s a reasonable question,” you persisted.

I looked you in the eye. “The meaning of life, the reason I made this whole universe, is for you to mature.”

“You mean mankind? You want us to mature?”

“No, just you. I made this whole universe for you. With each new life you grow and mature and become a larger and greater intellect.”

“Just me? What about everyone else?”

“There is no one else,” I said. “In this universe, there’s just you and me.”

You stared blankly at me. “But all the people on earth…”

“All you. Different incarnations of you.”

“Wait. I’m everyone!?”

“Now you’re getting it,” I said, with a congratulatory slap on the back.

“I’m every human being who ever lived?”

“Or who will ever live, yes.”

“I’m Abraham Lincoln?”

“And you’re John Wilkes Booth, too,” I added.

“I’m Hitler?” You said, appalled.

“And you’re the millions he killed.”

“I’m Jesus?”

“And you’re everyone who followed him.”

You fell silent.

“Every time you victimized someone,” I said, “you were victimizing yourself. Every act of kindness you’ve done, you’ve done to yourself. Every happy and sad moment ever experienced by any human was, or will be, experienced by you.”

You thought for a long time.

“Why?” You asked me. “Why do all this?”

“Because someday, you will become like me. Because that’s what you are. You’re one of my kind. You’re my child.”

“Whoa,” you said, incredulous. “You mean I’m a god?”

“No. Not yet. You’re a fetus. You’re still growing. Once you’ve lived every human life throughout all time, you will have grown enough to be born.”

“So the whole universe,” you said, “it’s just…”

“An egg.” I answered. “Now it’s time for you to move on to your next life.”

And I sent you on your way.

Re: Posta un racconto breve

Inviato: dom set 01, 2019 9:11 pm
da CloneXY
Oggi quelli del canale youtube Kurzgesagt – In a Nutshell hanno fatto uscire un video sul racconto che ho postato sopra

https://www.youtube.com/watch?v=h6fcK_f ... oE-xziGBgk