L'Albero « Virola» come fonte dell'allucinogeno da fiuto
Ma questa classificazione anche se corretta, non chiarisce ancora tutta la gran confusione che si è creata a questo proposito,
poiché gli allucinogeni da fiuto sono stati attribuiti da molti scrittori all'Anadenanthera, anche quando il genere non si trovava nel territorio, e anche se il metodo di preparazione poteva far supporre che in quella sostanza fossero presenti anche specie diverse. Il mistero venne finalmente chiarito quando si scoprì che parecchie specie della Virola, un albero appartenente non - come la Anadenanthera - alle Leguminose (famiglia dei piselli) bensì, come la noce moscata, alle Myristicacee, erano la fonte di alcune sostanze da fiuto un tempo attribuite soltanto alla Anadenanthera peregrina. Ancora una volta Schultes, fu tra quelli che si impegnarono maggiormente nel chiarimento di questo problema.
I principali alcaloidi allucinogeni in ambedue le Anadenanthera (peregrina e colubrina) e in alcune specie di Viro la (Virola theio dora, Viro la callophylla, Virola callophilloidea) sono delle triptammine, come se ne trovano anche in una delle specie della Baniste riopsis e nei funghi sacri nonché in altri allucinogeni del Messico . Nella Anadenanthera peregrina e colubrina è presente la bufotenina (5-idrossi-N, N-dimetiItriptammina) in grande quantità, e un tempo si pensava che l'attività del sistema nervoso centrale stimolata dalla Anadenanhera fosse dovuta a questo alcaloide, che questi alberi leguminosi hanno abbondantemente e che si trova anche nei rospi (Bufo). Analisi recenti hanno comunque dimostrato che altri derivati triptamminici sono presenti anche nei semi, e cioè: N.Ndimetiltriptammina, N-monometiltriptammina, 5-metossi-N, 5-metossÌ-N-monometiltriptammina, 5-idrossi-N, ed infine N-dimetiltriptammina-N-ossido.
La polvere da fiuto preparata esclusivamente con Virola theiodora, senza aggiunte, contiene 5-metossi-N,N-dimetiltriptammina in concentrazioni dell'8%, con quantità minime di N,Ndimetiltriptammina e alcaloidi affini. Le concentrazioni alcaloidee variano a seconda delle parti dell 'albero, ma la corteccia generalmente
ne contiene la percentuale più alta.
Ora, come noi sappiamo, le triptammine richiedono un inibitore delle ossidasi monoamminiche per poter diventare efficaci nell'essere umanò, un problema questo che gli Indiani avevano risolto in molte occasioni mescolando insieme diverse specie allucinogene. Per esempio la Banisteriopsis rusbyana ha delle caratteristiche chimiche atipiche rispetto alle altre specie sorelle, in quanto a differenza della Banisteriopsis caapi e della Banisteriopsis inebrians, i cui principii attivi sono alcaloidi beta-carbolinici dell'armala, ha i suoi costituenti attivi nelle triptammine! Questo spiega perché gli Indiani Tukana dell'Amazzonia Colombiana, per esempio, non prendono mai la Banisteriapsis rusbyana da sola ma sempre mescolata con la Banisteriapsis caapi o la Banisteriapsis inebrians per preparare uno yajé particolarmente potente, un metodo che permette agli alcaloidi beta-carbolinici dell'armala di funzionare come inibitori delle triptammine contenute nell'altra. Quindi non soltanto gli alcaloidi dell'armala ma anche le triptammine sono capaci di svolgere la loro parte nell'ebbrezza estatica. Come osserva Schultes non si può fare a meno di stupirsi che delle popolazioni primitive, senza nessuna conoscenza di chimica e di medicina abbiano trovato il modo di rendere attivo un inibitore dell'ossidasi monoammonica.
Ora, nel caso della polvere da fiuto fatta con la Virala, non sembra siano necessarie delle misture per attivarne i principi, infatti nella stessa Virala theiadara sono stati scoperte recentemente due nuove carboline. Ma è usuale e frequente mescolare delle sostanze che sono psicodinamicamente efficaci. Schultes che nel 1967 ha visitato i Waika (Yanomamo) con il farmacologo svedese Bo Holmstedt, descrive così la loro tecnica:
"Esistono vari metodi nella preparazione delle polveri da fiutare, che vengono chiamate epenà o nyakwana dalle numerose tribù che io faccio rientrare nel gruppo Waika. Alcuni usano raschiare lo strato morbido interno della corteccia dell'albero, ne essiccano i trucioli arrostendoli appena appena sul fuoco, e li conservano fino al momento in cui non servono. Quindi vengono schiacciati e polverizzati, triturati e setacciati. Ne viene fuori una polvere fina, omogenea, color cioccolato e molto piccante. Quando gli Indiani lo desiderano (ma non sempre) viene aggiunta in parti uguali una polvere di foglie aromatiche di Justicia pectoralis, varietà stenophylla. Il terzo ingrediente, invariabile, è la cenere di corteccia di una leguminosa rara, Elizabetha princeps. Quest'albero è conosciuto dai Waika come ama o amasita. Queste ceneri vengono mischiate in parti uguali con la resina, o resina e polvere di Justicia, per ottenere una polvere da fiuto color grigio marroncino.
Altri Waika seguono una procedura diversa, almeno quando preparano la polvere da fiuto per le cerimonie. La corteccia della Virola viene strappata a strisce, le strisce vengono messe su un fuoco lento preparato nella foresta, e l'abbondante resina color rosso-sangue, una volta raschiata è raccolta in una pentola di terracotta . Viene bollita e lasciata essiccare al sole. Quindi da sola o mescolata alle foglie polverizzate di Justicia, viene setacciata ed è pronta per l'uso"
Anche la Justicia pectoralis è una pianta allucinogena che contiene, come la Virola, degli alcaloidi triptamminici. E' coltivata da alcuni gruppi Yanomamo studiati dall'antropologo Napoleon Chagnon e dai suoi assistenti nella valle dell 'Alto Orinoco; viene impegnata senza aggiunte in una varietà della polvere da fiuto ebene. (E' da notare in questa sede che la Justicia ed un altro genere sud americano che contiene triptammine, la Psychotria, si trova anche in Messico, una circostanza questa sulla quale ritorneremo in seguito in relazione alla recente scoperta in Messico di un antichissimo allucinogeno da fiuto che sembra fosse già estinto ai tempi della Conquista).
Una rapida ebbrezza
L'intossicazione con la polvere da fiuto preparata con la resina della corteccia della Virola theiodora o altre specie correlate, oppure con i semi della Anadenànthera peregrina, è molto rapida e potente. La tecnica del fiuto degli Indiani contadini era piuttosto complessa già ai tempi del loro passato pre-Europeo, e lo è ancora oggi; nelle collezioni etnografiche e in quelle archeologiche, abbondano tutti i tipi di pipe da fiuto decorate e non decorate, lunghe canne, mortai, contenitori e tavolette. La tecnica da fiuto in uso presso i Waika è molto più semplice, come del resto è povera tutta la loro tecnologia. I Waika, che ancora oggi sono essenzialmente dei cacciatori con un sistema di coltivazione primitivo, fiutano la polvere attraverso dei lunghi tubi di bambù, e un uomo soffia la polvere dentro le narici di un altro. Quasi subito vengono attivate le mucose del naso, la saliva diventa molto abbondante e il naso comincia a gocciolare. Si prova anche un intenso pizzicore e prurito al cuoio capelluto, al quale gli indiani reagiscono grattandosi furiosamente. Schultes da parte sua, l'ha sperimentato e non ha avuto sensazioni allucinanti
né vIsIve né auditive, ma per gli Indiani invece, queste hanno luogo pochi minuti dopo aver ispirato la loro dose di ebene e sono interpretate come comunicazioni dirette con gli spiriti de gli animali, delle piante, dei parenti morti e delle forze sovrannaturali. C'è una grande variazione nel sistema di controllo motorio da persona a persona , e gli sciamani allenati sono apparentemente molto più capaci di altri di esercitare un controllo sui propri movimenti. Cambia molto anche l'intensità della trance estatica; di solito questa esperienza è di breve durata comunque, e durante il rituale (e oggi tra alcuni Waika più acculturati anche a fini edonistici) è consuetudine dei partecipanti inalare più volte la polvere da fiuto inebriante.