Viaggio nei Campi Elisi

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Dawamesk
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Viaggio nei Campi Elisi

Messaggio da Dawamesk » gio mag 12, 2022 1:54 am

sostanza assunta: |erba| |hashish|
modalità di assunzione: |fumata, ingerita|
quantità: non saprei esattamente, |9-10 canne| per quello che ricordo e un edible di cui non conosco il dosaggio

L'esperienza risale a luglio 2018, avevo voglia di fumare erba da tempo ma per un motivo o per un altro mi trovavo a rimandare sempre. Per chiarire, non ho mai fumato molto, specialmente all'epoca, però ancora adesso come allora ogni tanto mi sale la scimmia e lì non c'è santo che tenga una porra bisogna girarla. Così aspetto, aspetto e aspetto, ma l’occasione non si presenta mai. Ormai avevo rinunciato, non avrei provato la sensazione che cercavo finché il mio contatto non avesse trovato qualcosa, e poteva volerci un po'. Così nel frattempo decisi di andare ad una festa. Normalmente non lo faccio, non mi piace il bere, la gente, il rumore forte, però pensai "bhe fanculo non si fuma, almeno si beve". Alla festa però il caso volle che incontrassi amici di vecchia data, non ci vedevamo da tempo e così decidemmo di allontanarci un po' dal fulcro del casino per ricostruire una sorta di gruppo solito riunirsi anni prima, sempre per fumare, e scherzando venne fuori l'argomento. A quel punto dal nulla uno dei ragazzi tirò fuori un astuccio che potrei definire provvidenziale: erba, fumo, tutto l'occorrente per la serata devastante che cercavo da mesi. Mi scoppiò il cuore credo, ero molto eccitato. Ringraziai che non avevo ancora toccato un goccio d’alcol, e andai dietro al gruppo, pensando che quella sera avrei fumato come mai prima.

Ci radunammo su di un tavolino sotto un enorme albero; le fronde, basse, rasentavano la testa di chi ci camminava sotto e davano l’idea di essere una specie di soffitto naturale coprendoci del tutto. La notte però manteneva il suo terreno e non veniva spaventata dalle torce che, dal basso verso l’alto, illuminavano appena abbastanza per vederci in faccia e attorno, creando uno strano effetto di ombre sulle foglie fitte sopra di noi. Iniziammo a fare su che erano circa le 23, ma nel frattempo, impaziente, presi l’edible che il mio amico mi stava offrendo. Non arrivò a fare effetto che cominciammo a fumare, giocavamo col fumo e tra di noi, era divertente, non mi accorsi di quando mi iniziò a salire. Dopo un po’ notai che le gambe più che arti miei sembravano dei pesi attaccati alle ginocchia. Erano pesanti e insensibili; il sangue che sentivo circolare al loro interno agitava questa sensazione e la iniziò trasportare per tutto il corpo, fino a farla arrivare alla testa, nel cranio e in bocca. Da lì in poi il fumo mi sarebbe parso come zucchero filato, non mi bastava mai, sembrava denso e dolce sulla mia gola e sulla mia lingua. Quando scendeva nei polmoni potevo sentire nettamente la differenza tra il fumo dell’hashish e il fumo dell’erba, come due entità diverse dentro di me. La botta iniziava a essere paurosa ma ero in assoluta pace come non ero mai stato prima.

Nella tavolata improvvisata si parlava giovialmente, non riuscivo bene a capire di cosa, ma tutto ciò mi faceva stare bene, mi sentivo protetto e al sicuro. Sentivo che tutto ciò che in quel momento era nell’area illuminata attorno a noi era il mondo, il resto era contorno inutile. Mi sentivo immerso in una sorta di cartone, in un bosco rassicurante e vagamente grottesco, misterioso. Sarebbe potuto apparire lo stregatto da un momento all’altro e non mi sarebbe parso fuori posto. Mi sembrava di essere nel tè dei matti, sempre da alice, questa cosa mi scaldò il cuore. A un certo punto partì una risata, e tutti dietro a quella a ridere a crepapelle; la vidi passare come un treno che fischiava, e dietro tutti i vagoni che imitavano la locomotiva, decisi di accodarmi anche io tanto che non riuscivo a smettere, non avevo più aria nei polmoni, mi sembrò che il riso durasse in eterno. La fattanza saliva e saliva, mettemmo le vecchie canzoni che ascoltavamo insieme, a volume non troppo invadente. Lì partii per un viaggio, vedevo vividamente ricordi un volta sommersi, pensai a me: al punto a cui ero arrivato, a quello che mi sarebbe piaciuto essere anni prima; mi ripromisi che ci avrei provato di più, che non mi sarei fatto trasportare dalla corrente della vita senza manovrare il timone. Uscito da questa fase di auto sviluppo, per così dire, ripresi a conversare e filosofeggiare con gli altri. Stavo bene. Dopo circa un’oretta, sarà stata mezzanotte, gli assioli cominciarono a cantare e sulla cassa che avevamo al centro del tavolino a volume lieve suonavano ritmici i bassi della musica bunker. Prestammo tutti attenzione. Queste due cose iniziarono a fondersi nelle mie orecchie, vi giuro che un pezzo così sfonderebbe il cocoricò. Iniziai a immedesimarmi nella notte, in quell’oscurità che sentivo come un rilassamento totale. Senza pericoli e senza responsabilità. A ogni richiamo, echeggiante tra gli alberi, sentivo come se venissi rialzato. Mi sentivo illuminato solo dalla luna, fluttuante in una sorta di etere notturno. Vedevo da vicino i filari di alberi lunghi e snelli, ero molto in alto, quasi vicino alle cime, ma non sentivo vertigini né paura (cosa che normalmente mi paralizza anche da altezze estremamente modeste). Vidi la luna, pensai che mi sembrava una luna mistica e gradualmente notai un gatto nero che le girava attorno, ma semitrasparente, quasi come se anch’esso fosse fatto di etere e stelle. Finita la canzone tornai a terra delicatamente. Ora la notte aveva decisamente un’altra parvenza, ci proteggeva in un bozzolo illuminato. Mi sono sentito amato, dalla notte. Mentre pensavo a tutto ciò i colori divennero incredibilmente vividi, nell’oscurità mi sembrava di vedere a giorno (anche favorito dal fatto che se non ricordo male la luna era quasi piena o piena). Mi accorsi che l’albero sopra di noi, che ora consideravo una sorta di “progenitore”, respirava. Potevo sentirlo, ma man mano che ascoltavo meglio il rumore mi sembrava sempre più quello della pioggia. Dopo poco ero assolutamente convinto piovesse, ma una pioggia tranquilla, pacifica. Una pioggia senza la violenza della pioggia.

Era quasi l’una, gli alberi mi parlavano, vedevo gatti nelle nuvole e trovavo estremamente difficile non vagare in una sorta di proiezione astrale in giro per l’etere. Decisi che era meglio smettere di fumare per quella sera, e che mi avrebbe fatto bene una paglia. Si era fatto freddo e mi alzai per sgranchirmi, mentre andavo in macchina cercare qualcosa di più pesante da mettermi tirai fuori una sigaretta dal pacchetto. Con un gesto incredibilmente disinvolto tirai fuori l’accendino dalla tasca, provai ad accendere ma il bastardo mi cadde nel brecciolino del vialetto. Mi chinai per raccoglierlo con una fatica titanica sperando di trovarlo subito ma le pietruzze ora si dilatavano, ora si contraevano. Lo stradello si stava fondendo sotto i miei occhi e io non sapevo che fare. La terra mi mancava da sotto i piedi, mi inginocchiai per provare a ritrovare un po’ di equilibrio e lì trovai l’accendino. Finalmente accesi la sigaretta. Mi aiutò, riuscii a rialzarmi e a trovare e mettermi il felpone più comodo e lanoso che avevo lasciato nei sedili posteriori.

Chiacchierammo per un’altra oretta, alcuni erano andati a casa. Rimanemmo in pochi, io stavo meglio e quindi decisi di accettare di tornare a fumare un altro pochino. Si rivelò una pessima idea, iniziai a sentire nella testa un ronzio. Questo pian piano andò trasformandosi nel canto dell’OM buddista. La cosa mi spaventò molto, mi rimbombava in testa, vibravo tutto quanto. Tutta la fantasia e il mistero che c’erano in precedenza crollarono. Fu come scoprire che il mondo in cui vivevo era solo un cartonato atto a coprire un fondo di solitudine e insensatezza del tutto. Ora mi ci sentivo solo, e mi sembrava che nulla avesse senso. Per cosa si faticava, per che soddisfazioni? Non ero altro che l’ennesima formica intrappolata in un cerchio della morte, a cui venivano presentate prove dopo prove per dimostrare il proprio valore ma queste non erano che espedienti per occuparsi i tempo e distrarsi da un nulla eterno. Vidi i segnali che avevo lasciato sul sentiero l’ultima volta che c’ero passato e capii che avevo già vissuto, innumerevoli volte avevo percorso la stessa strada senza accorgermi che quel sentiero che mi era stato spianato davanti non portava a nulla.

Andarono via anche gli ultimi ragazzi, li salutai come se stessi bene entusiasticamente. Mi aveva fatto piacere rivederli, davvero, ma a quel punto nulla aveva senso. Un ingranaggio non girava, o meglio, girava al contrario confondendo tutti gli altri. Sul tavolo era rimasta una graffetta dell’ultima canna di fumo, la notai e me la misi in tasca mentre mi alzavo per tornare in macchina, conscio di non poter certo guidare in quelle condizioni. L’idea iniziale era quella di farsela passare seduto al calduccio, ma il sedile mi stringeva, l’abitacolo mi stringeva, non potevo stare lì. Presi un’alta felpa e mi andai a stendere fuori sul prato. Mi coprì le gambe con la seconda maglia, ora stavo al caldo anche lì fuori, con la differenza che l’aria fresca mi faceva stare molto meglio. Sentivo come se il mio fluido vitale, da steso, si condensasse verso il basso, attirato dalla gravità. Accarezzavo gli steli d’erba e li sentivo sulle mani come echi di una realtà distante. Poi fu come se il mondo si invertisse, sentii una grande luce, un calore provenire da intorno a me. Ero in mezzo a un campo di grano disseminato di qualche papavero qua e là. Iniziai a camminare, con in mente il senso di insoddisfazione che ancora provavo da prima. Attraversai ettari di caldo grano maturo, giallo e luminoso come il sole in persona, prima di raggiungere una siepe verde. Costeggiai la siepe, sentivo che al di là di quella c’era qualcosa di incredibilmente prezioso, arrivai ad un basso arco di fiori stile giardino all’inglese. Esitai prima di attraversalo, sentivo che quell’azione aveva un peso enorme. Appena misi piede al di là di quello mi trovai in un orticello fiorito, pieno di rosso e arancione. Qui sentivo che aveva senso esistere, qui ero fuori dalla monotonia del sentiero imposto. Mi guardai attorno, l’orticello era chiuso da tutti i lati dalla siepe, mi dava di nuovo quel senso di pace e protezione, ma il notare che l’arco da cui ero entrato era sparito mi mise una leggera ansia. Non feci in tempo a rigirarmi che ora dalla parte opposta da cui ero entrato vi era un altro arco di fiori che portava a un altro orticello. Da quest’arco si vedeva una sorta di infinità di archi, apparivano come quando si mettono due specchi uno di fronte all’altro, come proseguendo su una sorta di curva sparendo poi in una leggera nebbia mattutina all’orizzonte. Attraversai il secondo arco e da lì fu come salire su di un razzo che accelerava attraverso tutti gli archi all’infinito. Ricordo chiaramente la sensazione di essere incollato allo schienale (di non so cosa poi). Attorno a me gli orti e le siepi si facevano sempre più sfocati, mi sembrava di scorgere delle montagne all’orizzonte.

Il carrello-razzo rallentò, fino a fermarsi in mezzo a nuovi campi coltivati. Ero ora mollato culo a terra tra il grano, la cosa mi scocciava vagamente, sarei dovuto rimanere negli orti pensai. Ma in quel momento sentii una voce venire da tutt’intorno a me dire “Il cerchio può essere rotto, pensa fuori”
Mi svegliai, mi era quasi passata la botta. Erano le 4.40, ero rimasto nel prato per quasi 2 ore e non ricordo nemmeno se ho mai chiuso gli occhi.

Mi alzai, mi avviai verso la macchina, salii. Mi ricomposi un attimo appena mi fui seduto, mi accesi un sigaretta e andai a casa.


Dopo questa esperienza ho sentito come uno switch dentro di me. Ho cambiato molte cose, dal corso di laurea che avevo appena iniziato, voluto fortemente dai miei, alle compagnie con cui giravo. Ora, anni dopo, posso dire che considero quello come il singolo momento della mia vita in cui sono passato da ragazzino ad adulto, e dopo quell’esperienza mi ritengo molto più spirituale di quanto non fossi in precedenza.


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Enjoythefeelings
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Re: Viaggio nei Campi Elisi

Messaggio da Enjoythefeelings » gio mag 12, 2022 5:33 pm

Grazie per aver condiviso questa esperienza.
Complimenti, davvero ben scritta, hai davvero il dono della scrittura!

Mi capita abbastanza spesso di avere allucinazioni visive e/o auditorie, e vivere questi "viaggioni" quando fumo, mentre ho notato che alcuni miei amici invece hanno solo il classico sballo fatto di rilassamento e risate. Mi chiedo da cosa è dovuta questa differenza.

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Abeja G.
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Re: Viaggio nei Campi Elisi

Messaggio da Abeja G. » gio mag 12, 2022 6:24 pm

Bell'esperienza, Dawamesk!! ...infatti, davvero ben descritta!!
Bello che un Sacro Animale Totem ti abbia fatto compagnia!!

Ciao!!

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